Firenze e Toscana Post rinnovano gli auguri. E pubblicano, integralmente, l’omelia pronunciata dall’arcivescovo Gherardo Gambelli durante la messa di Natale 2024, celebrata con don Alessandro Santoro alle Piagge.
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Possiamo riflettere sul Vangelo di oggi a partire da tre immagini: la luce, la tenda, il racconto.
La prima immagine è quella della luce: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce
splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”. Un’associazione umanitaria che si occupava
dei ciechi in Ciad aveva come slogan “La vue c’est la vie”, la vista è la vita, il dono della luce è la
vita perché ci permette di orientarci nel cammino. Ora però il testo del prologo di S. Giovanni dice
che la vita era la luce (“La vie c’est la vue”), la vita di Gesù, la sua nascita la sua morte la sua
risurrezione, ci illuminano, ci permettono di dare senso alla nostra esistenza.
La buona notizia viene soprattutto dalla seconda parte della frase, in cui si specifica che nonostante il rifiuto, la luce non è soffocata, non è vinta dalle tenebre (“La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”). In Gesù, suo Figlio, Dio ci mostra che il suo amore è senza condizioni, anzi è capace di far
concorrere tutto al bene, perfino il nostro peccato, quando lo riconosciamo e lo affidiamo alla sua
misericordia. Per fare in modo che la vita di Gesù diventi luce per il nostro cammino, è necessario
rinascere, lasciarsi generare dalla forza dello Spirito Santo: “A quanti lo hanno accolto ha dato il
potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da
voler di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. Celebrando il Natale siamo
invitati a rinascere: Dio si rivela proprio come colui che si fa conoscere al tempo stesso in cui ci fa
rinascere.
La seconda immagine è quella della tenda. Dice infatti il testo nella lingua originale: “E il Verbo si
fece carne e pose la sua tenda in mezzo a noi”. L’immagine della tenda ci ricorda le vicende
dell’Esodo: Dio che cammina con il suo popolo e nel suo popolo. L’evangelista mettendo l’accento
sulla concretezza dell’incarnazione, ci aiuta a difenderci dal rischio dello gnosticismo. Papa
Francesco dice che gli gnostici sono quelli che “concepiscono una mente senza incarnazione,
incapace di toccare la carne sofferente di Cristo negli altri, ingessata in un’enciclopedia di
astrazioni. Alla fine, disincarnando il mistero, preferiscono un Dio senza Cristo, un Cristo senza
Chiesa, una Chiesa senza popolo” (GE 37). Desidero ringraziare don Alessandro e tutti i membri
della comunità delle Piagge per il loro impegno nei confronti dei poveri e degli esclusi, perché con
il loro esempio e le loro parole ci ricordano la verità del Vangelo: il più grande è colui che si fa
l’ultimo e il servo di tutti. Saremo tutti giudicati sulle opere di misericordia (“Ho avuto fame, ho
avuto sete, ero nudo, straniero, malato, in carcere”).
La terza immagine è quella del racconto. “Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è
Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato”. Il verbo “rivelare” nella lingua greca è
exeghésato da cui viene la parola esegesi, che potremmo tradurre più precisamente con raccontare.
Abbiamo bisogno della preghiera, soprattutto della celebrazione eucaristica perché proprio lì noi
possiamo rivivere l’esperienza della salvezza. Nella Messa è Gesù stesso che parla e agisce, che ci
racconta, rendendolo presente, l’amore di Dio. Il Giubileo iniziato ieri notte a Roma e che apriremo
solennemente a livello diocesano domenica prossima è una bella occasione per lasciarci trasformare
dalla grazia di Dio. Non c’è libertà né uguaglianza senza fraternità, per questo uno degli aspetti
fondamentali del Giubileo biblico era la remissione dei debiti. Ognuno di noi ha un debito, non solo
di natura economica, da rimettere a qualcuno. Chi ha subito un torto, certamente deve essere
tutelato nella sua ricerca di giustizia, ma bisogna imparare alla fine a saper perdonare, se vogliamo
davvero costruire una società solida e sicura.
Contemplando lo stile di Gesù nel vangelo, crediamo che progressivamente la grazia di Dio ci attira
e ci trasforma rendendoci sempre più simili a Lui, nella convinzione profonda che la ricerca sincera
della pace estingue le contese, l’amore vince l’odio, la vendetta è disarmata dal perdono.
C’era una volta un uomo che non credeva nel Natale. Era una persona fedele e generosa con la sua
famiglia e corretta nel rapporto con gli altri, però non credeva che Dio si fosse fatto uomo come,
secondo quanto afferma la Chiesa, è successo a Natale. Era troppo sincero per far vedere una fede
che non aveva. “Mi dispiace molto, disse una volta a sua moglie che era una credente molto
fervorosa, però non riesco a capire che Dio si sia fatto uomo; non ha senso per me.” Una notte di
Natale, sua moglie e i figli andarono in chiesa per la messa di mezzanotte. Lui non volle
accompagnarli. “Se venissi con voi mi sentirei un ipocrita. Preferisco restare a casa. Vi starò ad
aspettare.” Poco dopo la famiglia uscì, mentre iniziò a nevicare. Si avvicinò alla finestra e vide
come il vento soffiava sempre più forte. “Se è Natale, pensò, meglio che sia bianco”. Tornò alla sua
poltrona vicino al fuoco e cominciò a leggere un giornale.
Poco dopo venne interrotto da un rumore seguito da un altro e subito da altri. Pensò che qualcuno stesse tirando delle palle di neve sulla finestra della sala da pranzo. Uscì per andare a vedere e vide alcuni passerotti feriti, buttati sulla neve. La tormenta li aveva colti di sorpresa e, per la disperazione di trovare un rifugio, avevano cercato inutilmente di attraversare i vetri della finestra. “Non posso permettere che queste povere creature muoiano di freddo… però come posso aiutarle?” Pensò che la stalla dove si trovava il cavallo dei figli sarebbe stato un buon rifugio, velocemente si mise la giacca, gli stivali di gomma e camminò sulla neve fino ad arrivare nella stalla, spalancò le porte e accese la luce. Però i passerotti non entrarono.
“Forse il cibo li attirerà,” pensò. Tornò a casa per prendere delle briciole di pane e le
disseminò sulla neve facendo un piccolo cammino fino alla stalla. Si angustiò nel vedere che gli
uccelli ignoravano le briciole e continuavano a muovere le ali disperatamente sulla neve. Cercò di
spingerle in stalla camminando intorno a loro e agitando le braccia. Si dispersero nelle diverse parti,
meno che verso il caldo e illuminato rifugio. “Mi vedono come un estraneo che fa paura”, pensò.
“Non mi viene in mente nulla perché possano fidarsi di me… Se solo potessi trasformarmi in
uccello per pochi minuti, forse riuscirei a salvarli” In quel momento le campane della chiesa
cominciarono a suonare. L’uomo restò immobile, in silenzio, ascoltando il suono gioioso che
annunciava il Natale. Allora si inginocchiò sulla neve: “Ora si, capisco, sussurrò. Ora vedo perché
hai dovuto fare tutto questo!”