Il commento di Alessandro Vittorio Sorani
“Jimmy Carter è morto. Aveva da poco compiuto cento anni diventando il Presidente americano più longevo di sempre. Premio Nobel per la pace nel 2002 ha avuto più successo nel periodo da ex Presidente che da inquilino della Casa Bianca. Perse la sua rielezione contro Reagan; nel 1980 si sfidarono due idee di America totalmente diverse e due stili di comunicazione opposti. Reagan lo ricordiamo come “il grande comunicatore”, l’ex attore che guidò il mondo occidentale forgiando con la sua politica e le sue parole un intero decennio, quegli anni Ottanta fatti di yuppies e bollicine. Carter soccombette nella sfida elettorale perché al contrario del suo avversario non aveva sogni da offrire, solo riflessioni e austerità. Di Carter si racconta che sia l’autore dei trenta minuti più noiosi di YouTube, quel Malaise Speech che fu una terribile reprimenda dello stile di vita americano. Ecco, a distanza di quasi quarantacinque anni Carter non è stato ancora riabilitato per quei trenta minuti. Voleva far riflettere gli americani sull’energia, sui consumi, sull’ambiente, sull’occidente, i suoi sfarzi e le sue contraddizioni. Ottenne derisione per aver proposto una autovalutazione, un’autocritica che il liberalismo ancora non ha fatto e che però diventa ogni giorno più necessaria. I temi di quel discorso sono i temi di oggi a cui però viene riservato lo stesso trattamento di allora.
E oggi come allora la comunicazione politica vince se offre un sogno, non se propone riflessioni. Quanto a lungo potrà durare ancora il mandare la palla avanti senza riflettere sulle condizioni del campo?”
Alessandro Vittorio Sorani
Autore de La comunicazione politica americana da Kennedy a Trump