ROMA – La maggioranza degli italiani (6 su 10) si sente minacciata da chi vuole radicare in Italia regole e abitudini contrastanti con lo stile di vita italiano consolidato: per esempio la separazione di uomini e donne negli spazi pubblici o il velo integrale islamico.
Lo scrive il Censis, nel 58° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, in cui sottolinea che il 57,4% degli italiani si sente minacciato da chi vuole radicare nel nostro Paese Le questioni identitarie tendono a sostituire le istanze delle classi sociali tradizionali e assumono una centralità inedita nella dialettica socio-politica”, e spesso a livello simbolico implica “l’adozione della logica ‘amico-nemico’”.
Il 38,3% si sente minacciato dall’ingresso nel Paese dei migranti, il 29,3% prova ostilità per chi è portatore di una concezione della famiglia divergente da quella tradizionale, il 21,8% vede il nemico in chi professa una religione diversa, il 21,5% in chi appartiene a una etnia diversa, il 14,5% in chi ha un diverso colore della pelle, l’11,9% in chi ha un orientamento sessuale diverso.E ancora: secondo il 37,6% degli italiani (e il dato sale al 53,5% tra le persone in possesso di un basso titolo di studio) “l’italiano vero” discende da un “ceppo morfologicamente definito”, fonte originaria della identità nazionale”.
Il 13,7% (il 17,4% tra le persone meno scolarizzate) pensa che per essere italiani occorra poter esibire determinati tratti somatici. Le persone meno istruite sono maggiormente propense a pensare l’italianità come una identità cristallizzata e immutabile, con “inconfondibili radici primigenie”, che comprenderebbe la diretta discendenza da italiani (per il 79,9%, a fronte del 57,4% riferito all’intera popolazione) e anche l’essere di fede cattolica (per il 62,2%, a fronte del 36,4% riferito all’intera popolazione). Invece, evidenzia il Censis, “la realtà della società italiana odierna è segnata da dinamiche molto diverse: basti pensare che negli ultimi dieci anni sono stati integrati quasi 1,5 milioni di nuovi cittadini italiani, che prima erano stranieri”.
Benché gli analfabeti propriamente detti siano ormai una esigua minoranza (solo 260.000), mentre i laureati sono aumentati fino a 8,4 milioni (il 18,4% della popolazione con almeno 25 anni, erano il 13,3% nel 2011), la mancanza di conoscenze di base rende i cittadini più disorientati e vulnerabili. Sono frequenti strafalcioni e “buchi di conoscenza” in tutte le fasce di età.
Ad esempio, il 55,2% degli italiani risponde in modo errato o non sa che Mussolini è stato destituito e arrestato nel 1943, il 30,3% (in questo caso il dato sale al 55,1% tra i giovani) non sa dire correttamente chi era Giuseppe Mazzini (per il 19,3% è stato un politico della prima Repubblica), il 30,3% non conosce l’anno dell’Unità d’Italia, il 28,8% ignora quando è entrata in vigore la Costituzione.