
La vidi per la prima, Oriana Fallaci, nella redazione sportiva de “La Nazione”. Era il 1969. Lei aveva rischiato di morire a Città del Messico, l’anno prima, il 2 ottobre 1968, alla vigilia dei Giochi olimpici, durante una manifestazione di protesta degli studenti universitari messicani contro l’occupazione militare del campus dell’UNAM, ricordata come il massacro di Tlatelolco. Oriana venne colpita da una raffica di mitra. Fu un sacerdote ad accorgersi che era ancora viva. Lì, in redazione, davanti al “grande capo” dello sport, Giordano Goggioli, Oriana raccontava. Io, che non avevo ancora 19 anni, la guardavo già come un monumento al giornalismo. Suo zio Bruno era stato redattore capo de “La Nazione”, dove avrei lavorato per quasi mezzo secolo. Lei no. Ci aveva provato: senza successo. La sua affermazione, come capita ai profeti in patria, sarebbe avvenuta fuori da Firenze.
STAFFETTA PARTIGIANA – Già staffetta partigiana, con sede nella Torre Mannelli – quello strano edificio sul Ponte Vecchio che il Vasari risparmiò facendo fare una curva al suo Corridoio dei principi, fra Palazzo Vecchio e la reggia di Pitti – Oriana cominciò a 17 anni come cronista di sera per “Il Mattino dell’Italia Centrale”. Poi spiccò il volo al Corriere della Sera, all’Europeo, sui libri, a New York, nel mondo.
SORELLA PAOLA – Mi telefonava spesso, 25 anni fa, sua sorella Paola: m’incitava a scrivere contro l’elettrodotto che, secondo lei, avrebbe deturpato le colline di Scandicci. E non voleva la Terza corsia dell’Autostrada. Anche Oriana sosteneva quelle battaglie, anche se evitava di comparire. Era già malata. Quando morì, il 16 settembre del 2006, ero in “settimana corta”. Dovevo accompagnare la prima prima nipotina, Melissa, a Gardaland. Gli altri due due, Margherita e Filippo, ancora non c’erano. Il direttore de “La Nazione” dell’epoca, Francesco Carrassi, mi richiamò d’urgenza: “Devi fare il pezzo te. Guai se non torni subito!”. Obbedì. Con due sentimenti contrastanti: il dispiacere per la scomparsa di Oriana e la voglia di raccontarla. A Gardaland sarei andato due giorni dopo.
MISS FALLACI – Questo lungo prologo, di cui miscuso ma non ne potevo fare a meno, per arrivare al dunque: la fiction ‘Miss Fallaci’, da stasera 18 febbraio 2025, in quattro puntate, che Rai 1 mette in onda alle 21.30, in prima visione, e su RaiPlay. Un omaggio alla sua carriera, a partire dagli anni ’50, quando era ancora conosciuta come “la ragazza del cinema” e lavorava come cronista a ‘L’Europeo’. Fiction prodotta da Paramount, Minerva Picture, in associazione con Redstring.
MIRIAM LEONE – ‘Miss Fallaci’ e’ interpretata da Miriam Leone. La regia è di Luca Ribuoli, Giacomo Martelli, Alessandra Gonnella. La libertà, la schiettezza, il coraggio che ne fanno “un’eroina romantica senza mezze misure”, ma anche “una femminista solitaria che va avanti per la sua strada e allo stesso tempo apre anche un percorso per le altre donne”. Erano le caratteristiche di Oriana Fallaci. Che Miriam Leone ha apprezzato nell’interpretarla. A cominciare dagli anni della formazione della più influente e controversa giornalista italiana del XX secolo.
ROMANZO – “È un bellissimo romanzo di formazione – racconta l’attrice – che spero possa ispirare le nuove generazioni, perché racconta la storia di una ragazza che a 26 anni parte e va da sola alla conquista dell’America: una storia di coraggio, ma anche di grande dolore, di sofferenza, che insegna quanto sia importante nella vita scegliere anche le persone che amiamo”, racconta l’attrice incontrando la stampa a Sanremo, a margine della sua partecipazione al festival come co-conduttrice della serata di giovedì. “Miss Fallaci è Oriana in America, dove la chiamavano proprio così e dove vivrà a lungo, abitando a New York fino alla fine dei suoi giorni”.
CRONISTA – Siamo negli anni ’50 e Oriana Fallaci è ancora conosciuta come ‘la ragazza del cinema’ e lavora come cronista per L’Europeo. “Va a New York per cercare di intervistare Marilyn Monroe, non ci riesce, e da questo grande fallimento nasce l’articolo che la farà diventare una firma di peso. In realtà voleva scrivere di politica, ma Oriana fa politica anche quando parla di Hollywood, svela quello che c’è dietro quel mondo dorato, apre gli occhi sulla verità anche a costo di essere disturbante o provocatrice, sempre con grande intelligenza, approfondimento, studio”.
RITRATTO TAGLIENTE – Prodotta da Paramount, Minerva Picture, in associazione con Redstring, Miss Fallaci è anche il ritratto tagliente, spesso crudo e ironico, di una società dominata da figure maschili, e la storia della relazione intensa e tormentata che la giornalista ebbe con il collega Alfredo Pieroni (interpretato da Maurizio Lastrico), un legame carico di passione, di insicurezze e paure, che alla fine trascinò Fallaci in una spirale di autodistruzione.
LETTERA A UN BAMBINO MAI NATO – “Visse un amore tossico per un uomo narcisista, ebbe una vita privata disastrosa, e quella era un’epoca in cui una donna sicuramente non si poteva permettere una carriera brillante e una vita felice, una sintesi che anche oggi è molto difficile”. Il racconto tocca anche il dramma dell’aborto, che ispirò poi Lettera a un bambino mai nato: “Mentre eravamo sul set a Sofia – racconta Leone – scoprii di essere incinta di mio figlio Orlando, una condizione che ha creato un legame particolare e intenso con il personaggio. L’aborto è un diritto ma anche un dolore profondo, e Oriana ha avuto il coraggio di gridare a tutti che cosa fosse questo dolore, questa indecisione. È un fatto che raccontiamo con grande rispetto e che abbiamo riscostruito attraverso le lettere private e grazie al sostegno della famiglia”.
STORIA BREVE – La storia, che ha fra gli interpreti anche Francesca Agostini, Johannes Johannesson, Ken Duken, Rosanna Gentili, Giordano De Plano, Francesco Colella, si concentra negli anni tra il 1956 e il 1961, e non ritrae quindi la corrispondente di guerra, l’intervistatrice implacabile dei leader mondiali, la voce delle invettive de La rabbia e l’orgoglio post 11 settembre: “C’è però l’Oriana staffetta partigiana, un episodio che testimonia appieno il suo amore per la libertà. Se aveva un brutto carattere? Probabilmente sì. Ma mi piace citare Anna Magnani: tutte le persone di carattere hanno un brutto carattere”. La “storia breve”, ma intensa, non tocca il fatidico 1968. La carica della polizia messicana, la raffica di mitra che la colpì fino a farla sembrare morta, non le vedremo. Io ebbi la fortuna di sentirla raccontare, meno di un anno dopo: una lezione di vita. E di giornalismo. Mai dimenticata: al punto da costringervi a rileggerla.