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Pasqua 2025: l’omelia della veglia dell’arcivescovo Gambelli. “Basta fatti violenti a Firenze. Affidarsi alla forza della legge”

Pasqua 2025: l’omelia della veglia dell’arcivescovo Gambelli. “Basta fatti violenti a Firenze. Affidarsi alla forza della legge”

Buona Pasqua 2025 a tutti. Pubblichiamo integralmente l’omelia della messa della veglia pasquale di questa notte, 20 aprile 2025, pronunciata in Cattedrale dall’arcivescovo di Firenze, monsignor Gherardo Gambelli. Con riferimento agli ultimi fatti di cronaca nera, compresa la sparatoria dell’Isolotto.

Come ben sappiamo i racconti evangelici, specialmente quelli che si riferiscono alla risurrezione del Cristo, non intendono fare la cronaca degli eventi che sono avvenuti, sono piuttosto dei testi con un messaggio teologico. Il loro scopo è meno quello di informarci su Gesù che quello di formare Gesù nella nostra vita. 

Leggendoli è interessante dunque provare a chiederci: perché sono stati scritti? Quale cammino siamo invitati a compiere per incontrare Gesù risorto nella nostra vita? Come fare per riconoscerlo presente nel nostro mondo? Per cercare di rispondere a queste domande possiamo provare a contemplare l’atteggiamento di Pietro, così come ce lo presenta il testo del Vangelo di oggi. Il suo cammino è segnato da tre tappe in un viaggio di andata e ritorno dalla sua casa al sepolcro. In un primo momento si alza e corre, giunto al sepolcro si china e vede i teli, infine torna indietro meravigliato per quanto è accaduto. 

Il primo verbo, alzarsi, che caratterizza l’atteggiamento di Pietro è lo stesso che gli evangelisti impiegano per parlare della risurrezione di Gesù (anistemi). Le donne che si erano recate per prime al sepolcro avevano visto la tomba vuota ed avevano ricevuto l’annuncio della vittoria di Gesù sulla morte, quando riferiscono la buona notizia agli apostoli non sono credute. “Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento” (Lc 24, 11). L’atteggiamento di Pietro che si alza e corre, rivela la sua capacità di prendere le distanze da tutto ciò che corrode la speranza, generando una tristezza che si annida nel cuore, rendendo acidi e insofferenti (cfr. Spes non confundit, 9). 

Alzarsi significa per noi oggi imparare a prendere coscienza del fatto che siamo immersi in un’ideologia consumista che tende a diffondere nel mondo paure e diffidenza per rinchiuderci nell’individualismo e spingerci a fare sempre nuovi acquisti. Questo ci conduce spesso a dimenticare che la vera ricchezza è quella delle relazioni. 

Quando impariamo a sollevare lo sguardo, come fanno le donne al sepolcro, anche noi oggi possiamo vedere tante persone in abiti sfolgoranti (Lc 24, 4), figure luminose che ci dicono con la loro vita: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto”.

Anche qui vicino a noi: un prete settantenne che parte per la missione in Congo, una comunità di famiglie che ospita profughi dall’Afghanistan e dalla Siria, chi ogni giorno amorevolmente si prende cura di un bambino gravemente ammalato o di una persona disabile solo per fare qualche esempio di tanto bene che non fa rumore.

Il secondo verbo che caratterizza la figura di Pietro è quello del suo chinarsi per vedere all’interno del sepolcro. Il verbo utilizzato qui (parakyptein) si ritrova in un passaggio importante della lettera di Giacomo: “Chi invece fissa lo sguardo (chi si china) sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla” (Gc 1,25). 

Il testo originale parla proprio di un chinarsi, un curvarsi sulla Parola di Dio, che ci aiuta a conoscere chi è veramente Dio, liberandoci dalle nostre false immagini su di Lui. 

Anche Pietro, come le donne, è invitato a fare memoria della Parola di Gesù: “Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno” (Lc 24, 7). Noi giungiamo alla conoscenza della salvezza nella remissione dei nostri peccati, come appare chiaramente nella storia di Zaccheo: “Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua. Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia” (Lc 19,5-6). 

Il terzo verbo relativo alla figura di Pietro è quello che parla del suo tornare indietro pieno di meraviglia. 

Il testo greco parla esattamente di un tornare presso di sé (pros autòn) che richiama l’atteggiamento del figlio prodigo, quando si ritrova a pascolare i porci e ritorna in sé, dicendo: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!” (Lc 15,17).

Inizia qui per lui, come per Pietro, un cammino di conversione che vuole condurlo a ritrovare la dignità di figlio, capace di corrispondere all’amore del Padre nell’attenzione al prossimo, cominciando proprio da quel fratello maggiore che non vuol saperne di lui. 

Come viene sottolineato nel Documento finale del Sinodo: “Viviamo in un’epoca segnata da disuguaglianze sempre più marcate, da una crescente disillusione nei confronti dei modelli tradizionali di governo, dal disincanto per il funzionamento della democrazia, da crescenti tendenze autocratiche e dittatoriali, dal predominio del modello di mercato senza riguardo per la vulnerabilità delle persone e della creazione, e dalla tentazione di risolvere i conflitti con la forza piuttosto che con il dialogo” (cfr. Documento finale Sinodo 2024, n. 47). 

Anche nella nostra città registriamo purtroppo fatti violenti in cui si cede alla tentazione della legge della forza, piuttosto che ricorrere alla forza della legge. 

Episodi che non di rado vedono protagonisti i giovani che soffrono per la mancanza di prospettive e di orizzonti per il loro futuro. Raccogliamo la sollecitazione di Papa Francesco che ci esorta a preoccuparci per loro “Non possiamo deluderli: sul loro entusiasmo si fonda l’avvenire” (SNC 12). 

Aiutaci Padre a credere che la risurrezione del tuo Figlio Gesù non è la rianimazione di un cadavere, ma l’inizio della trasformazione del mondo. Donaci speranza in Te che sempre porti a compimento quanto hai iniziato e la gioia di collaborare con entusiasmo al tuo disegno di salvezza per tutte le creature.

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