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America al voto 2024: veleni e tensioni. Casa Bianca e Congresso blindati. Pronta la Guardia nazionale

America al voto 2024: veleni e tensioni. Casa Bianca e Congresso blindati. Pronta la Guardia nazionale

Kamala Harris e Donald Trump (Foto d’archivio)

WASHINGTON – Ci siamo: martedì 5 novembre 2024 l’America elegge il nuovo presidente. Molti milioni di cittadini hanno già votato per corrispondenza. Ma ora si entra nel vivo. L’America va alle urne per un duello all’ultimo voto in un clima tesissimo, con lo spettro di incidenti, rivolte e contestazioni legali.

L’allerta è massima, con nuove alte recinzioni metalliche e barricate intorno alla Casa Bianca, a Capitol Hill e alla residenza della vicepresidente nonché candidata presidenziale democratica Kamala Karris: misure che ricordano quelle prese dopo il famigerato attacco al Congresso del 6 gennaio da parte dei fan di Donald Trump. Mentre la guardia nazionale è già stata mobilitata a scopo precauzionale in alcuni Stati, tra cui Washington e Oregon – dove nei giorni scorsi sono state incendiate decine di contenitori di schede elettorali – ma anche in quello in bilico del Nevada.

Alcuni timori sono legati alla riorganizzazione di gruppi di destra pro Trump, tra cui i Proud Boys, in primo piano nell’attacco al Capitol. E a quanto potrebbe succedere se il tycoon dichiarerà la vittoria a prescindere dall’esito del voto, preparandosi a sfidare un’eventuale sconfitta nei tribunali e forse anche al Congresso.

Rinnovando le accuse di brogli lanciate nel 2020 – questa volta con la cassa di risonanza di Elon Musk e della sua piattaforma X – in particolare contro quel voto anticipato con cui circa metà Paese (lui compreso) ha già espresso la sua preferenza: 80 milioni di elettori, contro i 158 complessivi del 2020. In ballo non c’è solo l’elezione del nuovo presidente ma anche il rinnovo del Congresso (la Camera per intero, il Senato per un terzo), che sarà decisivo per rafforzare o limitare e controllare i poteri del commander in chief.

La più potente democrazia del mondo arriva al 5 novembre a conclusione di una campagna elettorale lunghissima, velenosissima e ricca di colpi di scena, tra processi e attentati a Donald Trump e la candidatura di Kamala Harris dopo il ritiro forzato di Joe Biden a seguito del disastroso dibattito col tycoon. Una gara che tiene col fiato sospeso tutto il mondo e che segnerà un bivio comunque storico in America: Kamala potrebbe diventare la prima donna, per di più di colore, ad entrare alla Casa Bianca mentre The Donald sarebbe il primo presidente dal XIX secolo a rivincere dopo aver perso il secondo mandato consecutivo, e il primo con una condanna penale.

Ma per molti media e analisti potrebbe essere anche un bivio per la democrazia americana, dopo i ripetuti allarmi sul rischio di una deriva autoritaria con un bis di Trump. Il duello resta un testa a testa senza precedenti sia a livello nazionale (dove la vicepresidente è leggermente avanti) sia nei sette Stati in bilico, quelli decisivi per la vittoria, con scarti sempre dentro il margine di errore. Nel loro ultimo giorno di campagna i due sfidanti hanno lanciato i loro appelli finali per conquistare gli indecisi e mobilitare la base.

Kamala Harris ha scelto di fare due comizi in Pennsylvania, lo Stato in bilico più importante: prima a Pittsburgh e poi a Filadelfia, la culla della democrazia americana, insieme a Lady Gaga e Oprah Winfrey, due delle tante esponenti dello star system che la appoggia. Il suo staff ha fatto trapelare segnali di recupero e ottimismo, accusando Trump di chiudere la sua campagna “totalmente tra le tenebre e la rabbia”.

In effetti, il tycoon, anche lui in Pennsylvania dopo una tappa in North Carolina (dove ha minacciato dazi al 25% sull’import del Messico se non ferma i migranti) e prima del comizio finale in Michigan, ha alzato i toni. Forse troppo anche secondo la sua campagna, che teme possa aver compromesso una vittoria già in tasca. Tanto che in una e-mail allo staff, la campaign manager Susie Wiles usa frasi tipo “se dovessimo essere vittoriosi”, “indipendentemente dall’esito delle elezioni” e “se Dio vuole”, riconoscendo secondo Axios che la corsa potrebbe concludersi anche non a favore di Trump.

Mentre Nikki Haley si è spesa in un editoriale sul Wall Street Journal per difendere il tycoon, invitando gli indecisi che amano le sue politiche ma non i suoi toni e i suoi eccessi a considerare il costo degli ultimi quattro anni di Biden-Harris.

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