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Carlotta Cambi, una toscana d’oro. Intervista alla campionessa olimpica nella pallavolo.

Carlotta Cambi, una toscana d’oro. Intervista alla campionessa olimpica nella pallavolo.

(foto: Tiziana Bettinelli)

Carlotta Cambi, nata a Pisa, classe 1996, ha iniziato giovanissima a giocare a pallavolo. La sua carriera è iniziata nel 2011, quando è entrata a far parte della Volleyrò di Roma, nel campionato di serie C e, successivamente, in B1. Dopo tre anni è approdata direttamente in A2 con la Piacentina. IL salto in A1 è avvenuto nel 2015 con  il Casal Maggiore, con cui ha vinto la Supercoppa italiana e la Champions League. Nella stagione successiva poi ha vinto il campionato con AGIL di Novara. Dopo di che è passata al Pesaro, poi a Bergamo, a Cuneo e a San Casciano, fino ad approdare, sempre in A1, nel Pinerolo. In Nazionale è stata convocata per la prima volta nel 2016, conquistando l’argento nel campionato mondiale nel 2018 e nella XXX Universiade. Ma dopo qualche anno di pausa, è tornata in Nazionale e quest’anno, alle Olimpiadi, è riuscita ad aggiudicarsi la medaglia d’oro. Il cammino delle nostre pallavoliste alle Olimpiadi è stato straordinario, ci ha tenuti incollati alla TV, vittoria dopo vittoria. Pochi giorni dopo aver stretto fra le mani il primo oro conquistato dalla Nazionale ai giochi olimpici, Carlotta è tornata nella sua Montopoli, accolta dal Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, dalla sindaca Linda Vanni e da tante e tanti concittadini pronti a fare festa. E noi abbiamo colto l’occasione per conoscerla un po' meglio.  

La pallavolo: una passione da sempre? 

Ho iniziato a giocare da piccolissima, i miei genitori e mio fratello più grande giocavano tutti, quindi sì, la pallavolo è una passione che mi appartiene da quando ho ricordo.

Essere nella squadra che ha rappresentato l'Italia alle Olimpiadi cosa ha significato per te?

La chiusura di un cerchio. Erano tre anni che non venivo convocata in Nazionale, sinceramente ho inseguito la convocazione per tutti e tre gli anni. Quest’anno avevo abbandonato l’idea e, invece, si è rivelato l’anno più bello e più giusto.

Quanti sacrifici stanno dietro al raggiungimento di un (risultato?) simile?

Tantissimi e molto spesso si pensa che la vita da sportivo abbia molti più lati positivi che negativi, in senso di sacrificio. Secondo me invece, semplicemente i sacrifici sono meno visibili di una vittoria. Si parte fin da piccoli: le gite a scuola non si possono fare perché le partite non vanno saltate, le uscite nel weekend con le amiche sono sporadiche, le vacanze estive non ci sono. Potrei elencarne molti altri, ma mi fermo qua. Ma per arrivare in alto, i sacrifici ci sono!

A Parigi ci avete fatto sognare portando a casa un set dopo l'altro. Dal divano vedevamo in campo una vera squadra. Quanto conta l'armonia di gruppo?

In una squadra conta l'obiettivo comune che supera l’egoismo personale, non conta essere amiche. Bisogna aiutarsi certo, essere allineate, ma l’amicizia è un’altra cosa. Se all’interno di una squadra c’è va benissimo, ma se non c’è non può essere un problema ai nostri livelli. L’alchimia che gli italiani hanno visto in campo non deve essere tradotta in amicizia: abbiamo trovato il nostro equilibrio, ma le vacanze non le facciamo tutte insieme.

La pallavolo, come anche altri sport, in termini di visibilità mediatica, appare sottovalutata. E questo nonostante un movimento che nel tempo è cresciuto e si è consolidato fin dalle giovanili e che riesce a emozionare fino alle lacrime. Cosa serve per invertire la rotta?

Credo che la rotta abbia iniziato a cambiare dalla vittoria dell’argento nel 2018. Al femminile la pallavolo è lo sport più praticato in Italia e, parlando anche con mia mamma, che allena anche il mini volley, la vittoria alle Olimpiadi ha notevolmente incrementato le iscrizioni. Siamo sulla strada giusta, i palazzetti sono sempre più pieni, l’Italia ogni anno si accorge sempre di più della bellezza del nostro sport.

Odio, razzismo, strumentalizzazioni non risparmiano neppure lo sport. E gravi episodi hanno riguardato anche alcune tue compagne di questa straordinaria cavalcata olimpica. Lo sport può educare anche in questo senso? 

Lo sport può e deve educare nella lotta al razzismo, l’Italia non può rimanere indietro su un tema così attuale come il razzismo e l’odio che si porta dietro. Le nuove generazioni sono un passo avanti su questo, spero che lo sport possa indirizzare anche i più grandi.

Toscana Post vuole dare voce a tante e tanti giovani, esempio di tenacia, di impegno, di costanza. Quale consiglio ti senti di dare a una ragazza che voglia rendere la pallavolo la sua vita? Sicuramente le direi che sarà una strada difficile, che ci saranno momenti belli, ma che il lavoro da fare è quotidiano. E che sicuramente è importante divertirsi ogni giorno, ricordandosi che alla fine lo sport è comunque di base un gioco.

Anche se dopo un oro olimpico immagino sia difficile parlare di nuove sfide, quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

Un obiettivo è sicuramente quello di laurearmi in Pedagogia della marginalità e della disabilità, avendo finito gli esami sarà quello il mio focus. In campo invece sarà quello di portare a casa il massimo da questa stagione con Pinerolo. Non vado più in là con il pensiero, mi sembrano già due obiettivi importanti.

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