Sara Funaro, da poco eletta sindaca di Firenze, prima donna nella storia della città e purtroppo fa ancora notizia. Alle spalle una storia di tanta formazione e tanto impegno pubblico. Diplomata al liceo classico, successivamente laureata in psicologia clinica con specializzazione in psicoterapia, due master successivi, ad un certo punto della sua vita si appassiona alla politica e capisce che è la sua missione, il giusto modo per dedicarsi agli altri. A Toscana Post ha raccontato sé stessa e come vede la sua Firenze
Prima donna alla guida di Palazzo Vecchio e della Città Metropolitana di Firenze: è un sogno di bambina che si realizza?
La politica è sempre stata di casa per me. Mio nonno era Piero Bargellini, il “sindaco dell’alluvione” e, anche se mi ha lasciato che ero ancora bambina, il suo esempio e la sua storia hanno segnato il mio percorso di crescita personale e professionale. Poi ho incontrato altre passioni, ho vissuto a Salvador Bahia, in Brasile, dove ho lavorato con i bambini di strada e presso comunità psichiatriche, a fianco degli ultimi e dei più fragili, ma ho sempre sentito dentro questo bisogno di dedicarmi agli altri e alla fine ho deciso di farlo nel modo più vero e profondo, con la politica.
Donna sindaca e donna vice sindaca, due donne alla guida di una città così importante, prima volta per Firenze e sicuramente raro per le città italiane. Il segnale è già stato forte: come amministrazione quali azioni concrete si possono fare per la parità di genere che tarda cosi tanto a entrare nella nostra cultura?
Il fatto che due donne al vertice di una città importante siano ancora una notizia vuol dire che il cammino da fare è ancora molto. Senza dubbio le amministrazioni possono dare l’esempio e quindi finalmente provare a rompere quel “tetto di cristallo” che ancora troppe volte alberga nelle istituzioni. La mia giunta rispecchia perfettamente la parità di genere ed ha una forte connotazione femminile, oltre a una vicesindaca donna, Paola Galgani, una portavoce donna, Francesca Padula, e una direttrice generale donna, Lucia Bartoli. Sono molte poi le iniziative dedicate a promuovere una cultura della parità che organizziamo come amministrazione. In particolare, lo scorso marzo abbiamo inaugurato alle Murate la Casa delle Donne, uno spazio in cui le tante realtà associative legate ai diritti possono stare insieme incrociando le loro esperienze a disposizione delle donne.
Laureata in psicologia, ha conseguito specializzazioni in psicologia clinica alle Scotte a Siena, master in etnopsichiatria e corso di perfezionamento in psicoterapia fenomenologica: comprendere gli altri è la chiave per essere un buona sindaca?
Ascolto e confronto sono alla base della buona politica. Certo, poi bisogna prendere delle decisioni ma provare ad immedesimarsi negli altri è fondamentale. Indubbiamente la mia formazione e il lavoro che ho svolto mi predispongono a questo tipo di approccio ma fondamentale è stato essermi occupata, da assessora, di Welfare, tema che mi è ancora molto caro e che non può prescindere dal capire i bisogni delle persone più in difficoltà. In generale, credo sia utile per chi amministra stare il più possibile in strada, vivere la città in tutti i suoi quartieri e non stare chiusi unicamente nei palazzi.
Essere sindaca di Firenze lo immaginiamo un impegno h24: ma cosa non può mancare nella giornata di Sara?
Di sicuro non posso far partire le mie giornate senza un caffè, a maggior ragione adesso che cominciano presto e finiscono molto tardi, gli appuntamenti e gli incontri da sindaca non terminano mai, ci vorrebbero giornate da 25 ore!
Nel suo curriculum 10 anni da assessora nella giunta Nardella: diventare amministratore ha cambiato il suo rapporto con la città? Un’immagine, un luogo, un episodio che racconta la sua Firenze?
Ho sempre amato follemente la mia città, da amministratrice ho avuto modo di conoscerla ancora meglio e di poter apprezzare anche aspetti con cui, da cittadina, non avevo avuto modo di confrontarmi. C’è un’immagine molto personale che ho nel cuore e che racconta cosa Firenze è per me. Una sera, in cui rientravo dal lavoro, era estate e c’era un tramonto bellissimo, di quelli da mozzare il fiato. Firenze all’inizio dell’estate ha una luce tutta sua. In quel momento, guardando San Miniato illuminato da quel tramonto incredibile, ho capito che la mia strada era quella sì di fare qualcosa per gli altri, ma di farlo per la mia città, nella mia città.
Come descriverebbe la Firenze del futuro e quali obiettivi cerca di darle?
Lo slogan della mia campagna elettorale è stato non a caso Firenze al plurale, perché immagino una Firenze che valorizza le differenze, non lascia indietro nessuno, risponde ai bisogni di tutte e di tutti. La mia Firenze al plurale deve essere inclusiva, giusta ma anche sicura, perché la sicurezza è un diritto da garantire con il massimo impegno, e sostenibile, perché è dalla sostenibilità e dalla difesa dell’ambiente che passa il futuro di tutti noi.
E fra cinque anni per quale azione, per quale opera o per quale valore vorrebbe essere citata?
Io ho un sogno, anzi una priorità, ed è quella di poter dare una casa a tutti i fiorentini. È un obiettivo ambizioso ma le nostre energie sono concentrate al massimo per raggiungerlo, abbiamo lavorato a un piano Casa di cui sono molto orgogliosa e che vede il Comune in prima linea assieme a tanti altri attori della città. Vorrei davvero che l’amministrazione fosse ricordata per l’impegno sul tema dell’abitare.